martedì 2 novembre 2010

Sulla piazza S. Silvestro dobbiamo essere consapevoli che l'obelisco è stato scelto con concorso pubblico internazionale (la mostra degli elaborati a palazzo Azzurro è appena terminata) e che per esso premono enti potenti come la Normale e la Soprintendenza. Pur consapevoli dell'assurdità del progetto, che prevede il taglio di tutti i pini, che non è per niente necessario, anche posizionando l'obelisco, dobbiamo fare i conti con decisioni piovute dall'alto (alla faccia dell'urbanistica partecipata tanto sbandierata nei convegni!); piuttosto che proporre la sostituzione dei pini con altro (non vedo il vantaggio, sia perché i pini in questione non sono ancora vecchi (andiamo a S. Rossore per renderci meglio conto delle dimensioni di un pino stramaturo!), sia perchè qualsiai nuova pianta avrebbe bisogno di almeno trent'anni per iniziare a fare un po' d'ombra. Non è neanche corretto dire che questi non sono alberi spontanei e dunque non possono essere protetti, perché un contesto urbano non è un Parco naturale. Piuttosto bisogna far valere il fatto che questa pinetina è diventata un'oasi di aria buona e fresco estivo per i cittadini, in particolare per le fascie più deboli (anziani e bambini). La strategia potrebbe essere quella di un leggero diradamento della pineta e spalcatura della chioma dei singoli alberi in modo da ottenere un aumento della luce sullaa piazza e una maggior visibilità per gli edifici che la circondano e per il futuro obelisco: se proprio bisogna tagliare qualche albero lo si faccia con razionalità e con rispetto.
Non facciamo l'errore fatto qualche anno fa in piazza Dante, dove dando retta agli "esperti" di turno si levarono i pini che davano ombra alle altre piante e ne risultò un forno in cui a poco a poco morirono i lecci e almeno una magnolia (tutti alberi di notevoli dimensioni). Chi amministra queta città, con tipico provincialismo, va alla ricerca di un effimero prestigio e al seguito di mode passeggere, facendosi forte di pareri dati con superficialità da cattedratici pieni di cultura libresca, e i risultati concreti vengono puntualmente alla luce dopo qualche anno, quando ormai la stanza dei bottoni ha cambiato inquilini e non è più possibile chiedere i danni a chi li ha procurati.

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